Lunedi’ era festa nazionale, e tutte le mense del campus erano chiuse. Per pranzare, mi sono avventurato nel quartiere studentesco di isla vista, adiacente all’universita’, e ho deciso per la pizzeria “Woodstock” (non “Marechiaro” o “Posillipo”). Chiaramente niente forno a legna, ma un pizzaiolo che faceva volteggiare in aria con maestria della una pizza appena spianata mi ha spinto a fidarmi.
Le differenze della nostra pizza con quella american style (almeno nei posti economici per studenti) sono subito emerse. Primo, non ci sono camerieri. Si ordina alla cassa e ti chiamano quando e’ pronto. Fin qui facile. La prima domanda inaspettata e’: dimensione? Come dimensione? Si’ perche’ la pizza puo’ essere di 8 pollici, 12, 16 fino alla gigante da 20 pollici, fatta per essere condivisa da tante persone. Abbandonando ogni speranza di conversione decimale dei diametri, opto per la piccola (corrisponde a circa 20cm di diametro) e scopro che posso scegliere i miei ingredienti: quelli piu’ economici come prosciutto e funghi costano 59cents l’uno, quelli piu’ raffinati (gamberetti e olive) 99cents. Pomodoro e “real mozzarella” inclusi nel prezzo della base, 6dollari e 49. Per i piu’ pigri ci sono delle combinazioni gia’ fatte, che pero’ non hanno nulla a che vedere con le nostre capricciosa o napoletana, piuttosto si sbizzarriscono in un sovraccarico assortimento tematico (“misto carne”, “pesce e frutti di mare”, “frutta e verdura”).
La nuova domanda inaspettata e’: come la vuoi la pasta? Come la voglio? Si’, la vuoi di farina normale o integrale? Ah, normale grazie. La pizza non viene poi appiattita verso l’esterno con i polpastrelli, ma la pasta spianata viene rimboccata verso l’interno come l’orlo di un pantalone per formare la crosta, che si trova ad essere ripiena di pomodoro.
Il risultato finale e’ discreto (almeno per quelli come me che amano le pizze spesse), niente di speciale ma molto meglio degli orrori che ho visto in nord europa. E nella pizzeria Woodstock, appropriatamente, suona “Hotel California”.
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