Il volo di ritorno da Los Angeles e’ una piacevole routine, che mi attraversa senza emozioni, eccetto forse una leggera incazzatura nel realizzare troppo tardi la zona dei negozi negli aeroporti americani: prima delle gate, e non dopo come pensavo. Passata la sicurezza, trovo solo lunghi corridoi grigi e deprimenti, qualche macchinetta con bibite e merendine, un negozio di souvenir che non avrebbe sfigurato nello squallore tardosovietico, e un tristissimo bar con panini gia’ fatti.
Meglio guardarsi indietro e cercare di fare un bilancio di questi due mesi. Mi e’ piaciuto? Si’, moltissimo. Un po’ perche’ era tutto nuovo. Un po’ perche’ lo stile di vita della costa ovest e’ piu’ rilassato, piu’ a contatto con la natura e meno snob di quello pseudoeuropeo di Boston o New York. Un po’ perche’ il lavoro e’ andato molto bene e ho imparato un sacco di cose. Un po’ perche’ ho visto posti meravigliosi e fatto splendide camminate.
Ora, e’ facile scadere nello stereotipo dell’America come il paese delle possibilita’, dove tutti possono farcela e sfondare, o come la terra dei grandi spazi e della natura selvaggia. E’ tutto vero, ma non bisogna dimenticare il risvolto della medaglia: vivere a 100km dal primo supermercato e a 10 dai vicini puo’ essere un po’ alienante; e soprattutto, il sistema americano, che ingurgita la totalita’ della vita di una persona, e restituisce ricchezza e fama ai piu’ capaci, ubriacandoli di possibilita’ e assorbendoli nel tessuto molle della societa’. I valori della solidarieta’, dell’aiuto ai piu’ deboli, dello stato sociale (vedi la sanita’ pubblica, quasi inesistente) rimangono confinati alla vita privata e alla volonta’ personale. La macchina capitalista, elevata alla sua massima potenza, prospera ricompensando i migliori e scartando i peggiori, o quelli che non servono piu’. In ogni campo.
Come al solito, le persone semplici sono state quelle con cui piu’ mi sono sentito a mio agio. Gli americani dell’Ovest sono aperti e simpatici, ospitali e generosi (se fossi nero o messicano sarebbe diverso, forse). Niente a che vedere con i nord europei da cui discendono. Continuo a pensare che essere (troppo) ricchi sia un privilegio inaccettabile in un mondo in cui un miliardo di persone muore di fame, e che la ricchezza che questi bravi signori producano vada pesantemente ridistribuita, come e piu’ di quanto avviene in Europa. E che un eccesso di liberta’ porti ad una penuria di uguaglianza, con il rischio di grandi tensioni sociali.
L’altra grande (ri)scoperta e’ stata che, da bravo Mediterraneo, amo il cielo azzurro e il caldo, e che gli inverni scozzesi sono duri a passarsi. La mia tolleranza al calore e’ molto superiore di quella verso il freddo o la pioggia, e bisognera’ che faccia qualcosa per garantirmi un posto al sole per i prossimi mesi freddi.
Infine, grazie a tutti quelli che hanno seguito queste pagine, iniziate quasi per caso per tranquillizzare una madre ansiosa, e poi cresciute sull’onda della mia eterna tentazione della scrittura, spesso annegata nel mare delle incombenze quotidiane. Molti di questi post sono stati scritti con gli occhi semichiusi dal sonno; ma perseguiro’ il progetto di correggerli con calma e il sogno di pubblicarli da qualche parte. Mi piacerebbe sentire cosa ne pensate. Potete mandarmi ogni tipo di feedback, commento, critica, stroncatura o suggerimento all’indirizzo marcojmorelli@gmail.com Grazie per avermi seguito.
Marco
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