Questa e’ la mia prima volta sulla costa ovest degli Stati Uniti, e le differenze con la costa est, quella di New York e Boston, che conosco un po’ meglio, mi hanno subito incuriosito. Anzi, togliamo New York, che fa un po’ caso a parte, e concentriamoci sul resto, iniziando dalle cose ovvie: la costa est guarda all’Europa. E’ stata colonizzata per prima e ha gli insediamenti piu’ “antichi” degli Stati Uniti. Fino a poco piu’ di cent’anni fa, mentre Boston era una raffinata citta’ piena di cultura e di idee progressiste, al di la’ delle montagne rocciose c’erano solo rozzi contadini (i “pionieri”) e pistoleri analfabeti che cercavano di portare un vago sentore di ordine e civilta’ in spazi immensi e vuoti.
Ora che anche la costa ovest e’ diventata ricca e civilizzata, si e’ data un’identita’ un po’ complementare a quella dei cugini ad est (che stanno a 4000km di distanza), e secondo me l’hanno fatto ispirandosi alle terre a cui guardano: l’oriente. Cercando di ordinare una serie di impressioni e riflessioni delle ultime settimane, e’ come se questi americani avessero importato un po’ di filosofia orientale, un po’ di zen e un po’ di buddismo, magari respirati attraverso le loro enormi chinatown e, aiutati da un clima quasi mediterraneo, abbiano costruito un modello americano che fa dell’essere rilassati e amichevoli (“cool”, “mellow”) un valore altrettanto importante a quello panamericano del dimostrare quanto vali.
Avete presente il film di culto il Grande Lebowski, dei fratelli Cohen? In caso negativo, vergognatevi e andate a vederlo, meglio in lingua originale perche’ il doppiaggio e’ orripilante. E’ la storia del Sig. Lebowski, uno sfaccendato che passa il tempo girando in accappatoio, giocando a bowling e bevendo cocktails, che si ritrova impelagato in una serie di guai causati da un’omonimia. La sua attitudine e’ fatalista, irresponsabile, ma amichevole e positiva, rifiuta i conflitti e le domande esistenziali ed e’ amato dai semplici e inviso a coloro che amano l’ordine e la disciplina. Un esempio perfetto dell’atmosfera che si respira qui, tra i barboni hippie che mi chiedono se l’era dell’informazione cambiera’ le nostre vite, i surfisti che cercano l’onda al tramonto e il proliferare di messaggi piu’ o meno sensati che vanno nella direzione: “non correre”. In questo paese, un buon consiglio.
Tutto quadra, dall’atmosfera creativa di San Francisco (Wall street e i suoi stressatissimi brokers sono lontani), agli artisti contemporanei (l’arte europea e’ concentrata sull’altra costa, quindi qui si devono inventare la loro), alle aziende della Silicon valley che producono software e oggetti “leggeri”, ultratecnologici (non acciaio o carbone), alla corrente beat e ai vari scrittori che si sono stabiliti da queste parte, fino all’attenzione per la natura e lo sport (a confronto con le azzimate e sofisticate vite urbane dell’altra costa).
E’ sempre America, non illudiamoci. Se non vali ti fanno fuori in quattro e quattr’otto. Ma devo dire che mi piace molto questa espansivita’ forse un po’ superficiale, questo rivalutare il concetto di tempo sopra il denaro, e questo clima soleggiato che spinge verso il contatto con la natura. Se mi trasferissi negli USA, verrei qui senza dubbio.
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