Ultimamente, con il mio amico Marco, con cui ho condiviso un paio d’anni all’AMOLF, ho fatto qualche gita nei dintorni. Abbiamo affittato una macchina, assolutamente necessaria qui, e con una classe “compatta” (che si rivela un transatlantico con i vetri oscurati) siamo partiti all’esplorazione della contea.
Prima tappa a Carpinteria, una decina di km a sud, dove sulla spiaggia prende il sole una vasta colonia di foche. Un sentiero porta sulla cima di una scogliera, da dove si possono vedere centinaia di animali placidamente svaccanti, senza disturbarli. E’ domenica, e ci accoglie un’arzilla vecchietta abbronzata, parte del servizio volontari per osservatori di foche (voluntary sealwatcher service): gentilissima, entusiasta e chiaccherona come tutte le californiane, ci prega di non fare troppo rumore e evitare gesti bruschi, perche’ le foche sono animali timidi (infatti ci guardano, sospettose, da lontano). Le femmine sono incinte o hanno appena partorito, e con un binocolo ci fa vedere i pancioni e i piccolini che poppano (o almeno sembrano poppare). Ogni tanto qualcuna lascia l’acqua per raggiunge la spiaggia, dando l’effetto di una specie di cotechino grigio di cento e piu’ chili che saltella sulle pancia e si trascina in avanti, molto comico. La volontaria ci dice che piu’ a nord ci sono colonie di leoni e anche elefanti marini, che dobbiamo assolutamente vedere.
Il panorama e’ idilliaco, giornata splendida, vento freddo, macchia mediterranea e spiagge solitarie come piacciono a me, senza lo stabilimento balneare, il venditore di bomboloni, e la ressa all’italiana. Sottoterra c’e’ il petrolio: al largo alcune piattaforme lo estraggono, ma anche sulla spiaggia accade di vedere grosse macchie nere e oleose che emergono spontaneamente, minacciando scarpe e vestiti con macchie assolutamente indelebili.
Seconda tappa e’ l’esplorazione delle colline circostanti: ville di ogni dimensione ci testimoniano quanto questa citta’ sia abbiente, e cosa abbiente voglia dire in America: parchi giganteschi, fontane, piscine, manieri, ferrari parcheggiate e vista incomparabile sull’oceano. La strada sale piu’ in alto, alcuni fanno parapendio, ci fermiamo a fare qualche fotografia ad un punto panoramico per venire agganciati da due signore di mezza eta’, sembrano uscite da un provino per Thelma e Louise parte seconda: alla guida di un furgoncino scoperto, scarponi, jeans, camicia di flanella a quadrettoni indossata sopra il maglione, chiacchierone ed amichevole, ci spiegano per mezz’ora la vegetazione della zona, vogliono sapere tutto di noi, e ci sorprendono con una grande cultura scientifica. Chi, in Italia, si sarebbe messo a parlare dell’uso della pelle di squalo come materiale antivirale, o dei vari usi delle ragnatele sintetiche? Sono stupito e profondamente invidioso di questo paese che sa cos’e’ la scienza, ne parla apertamente e mostra un grande rispetto per gli scienziati come noi. Ma questa e’ un’altra filippica.
A quota 1000m una stretta strada di montagna chiamata Camino Cielo corre su una cresta tra l’oceano e una valle verso l’interno, oltre la quale inizia un’altra catena di montagne piu’ alte. Il panorama e’ mozzafiato, e nella valle non si vede neanche una casa, a differenza della grande concentrazione umana verso l’oceano.
Qualche decina di km piu’ in la’, la valle si apre in un dolce paesaggio collinoso, separato dal mare, famoso per le sue coltivazioni di viti. Non e’ la migliore regione vinicola della California, non e’ qui che i fratelli Gallo producono le loro oscenita’ per capirci, ma e’ diventata molto famosa in seguito al film Sideways, dove due uomini immaturi organizzano una specie di addio al celibato e rimangono impelagati nelle solite tentazioni della mezza eta’. In questo ampio panorama, dove sorge anche il ranch di Michael Jackson buonanima e una cittadina in finto stile danese, molte aziende vinicole offrono la possibilita’ di assaggiare i loro vini, a prezzo modico. Ne scegliamo una a caso tra le tante, il Rancho Sisquoc, e per 8 dollari abbiamo 6 assaggi e un bicchiere da portare a casa come ricordo. L’ambiente e’ una specie di finto rustico che nasconde molte pretese di schiccheria, le bottiglie partono da 18$ e i vini non sono un granche’, la solita roba forte, barricata e corposa, tipica dei posti che hanno tanto sole ma poca capacita’. Si salva giusto un Syrah (che infatti al sole cresce bene) e un malbec da 30 dollari che in Italia avrebbe mercato solo un bel po’ sotto i 10 euro.
E’ poi molto divertente vedere i richiami al nostro paese nei prodotti in vendita: pesto, biscotti, grissini, sughi, e anche i nomi dei loro vini piu’ pregiati, come se la nostra lingua potesse dare piu’ lustro alla mediocrita’. A loro discolpa bisogna dire che sono produttori locali e fanno solo qualche migliaio di bottiglie all’anno, ma chiaramente puntano alla fetta di mercato degli intenditori. Hanno perfino un angolo merchandising, con magliette, cappellini, piatti e bicchieri Rancho Sisquoc. Una bella idea. Per fare un paragone, quale cantina sociale da noi ha materiale del genere? L’immagine che ho sempre associato a quei posti sono rustici magazzini di campagna con pompe a vino per riempire le taniche, gente in stivali di gomma e odore penetrante di alcol. Qui invece riescono a darsi un tono per attrarre non solo compratori ma anche turisti. Interessante.
In realta’ la parte piu’ bella e’ la vegetazione: qui le palme lasciano il posto alle querce e ad un panorama quasi toscano, se non fosse per la presenza umana quasi inesistente (non che mi dispiaccia). A parte le occasionali fattorie, ognuna dotate di quella specie di mulino che si vede nei film, con le pale che girano in cima a dei tralicci, non c’e’ quasi nulla, nonostante non siamo a piu’ di 30-40km dalla costa. Thelma e Louise mi hanno spiegato che in questa stagione, poi, tutto e’ verde per le recenti piogge invernali (le ho viste!!!), mentre d’estate l’erba si secca e il panorama ha colori piu’ bruciati, come nel nostro meridione.
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